La doppia transizione, digitale ed ecologica, che la nostra società deve affrontare può essere facilitata da innovazioni di tipo organizzativo applicate all'ambiente di lavoro. Grazie al rapido sviluppo delle nuove tecnologie digitali, l'organizzazione del lavoro ha subito radicali cambiamenti, tra i quali un più diffuso utilizzo dello smart working (D'Amato, 2014; Gastaldi e al., 2014), accelerato anche dall'insorgere dell'emergenza pandemica (Penna e al., 2020; Butera, 2020). Gli studi condotti sulla diffusione del lavoro agile, tanto nel periodo pandemico, quanto in quello successivo, hanno generalmente evidenziato, pur con diverse quantificazioni, l'effetto positivo che questa nuova organizzazione esercita sull'impresa, sui lavoratori e sulla società più in generale (Choudhury, Foroughi e Larson, 2021; Reale, 2022). Infatti, sappiamo che lo smart working genera numerosi effetti positivi i) sull'ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di CO2 che il minor numero di tragitti casa-lavoro consente; ii) sul benessere dei lavoratori, con una migliore conciliazione tra le esigenze del lavoro e quella della vita personale; iii) sulla produttività del sistema, che cresce con la maggiore efficienza derivante dal risparmio di tempo perso nel tragitto casa-lavoro, che viene impiegato in attività a maggiore benessere o maggior valore aggiunto. Tuttavia, condizione necessaria affinché lo smart working produca i suoi effetti positivi è che la nuova organizzazione del lavoro sia compatibile con le abilità digitali dei lavoratori, con una adeguata dotazione dei device digitali, con la ridefinizione delle mansioni e dei criteri di valutazione (maggiore importanza del lavoro per obiettivi), con un'organizzazione paperless e così via. Le condizioni abilitanti affinché lo smart working possa risultare veramente positivo sono pertanto numerose e non sempre diffuse nel contesto italiano. Prendendo ad esempio il caso della pubblica amministrazione, l'organizzazione paperless non è molto sviluppata, come del resto la valutazione del lavoratore per obiettivi da raggiungere (e non sulla base delle ore di presenza in ufficio). A questo proposito, si ritiene che anche il livello delle "competenze digitali" dei lavoratori giochi un ruolo importante nella diffusione del lavoro agile, relazione che il nostro contributo vuole esaminare nel dettaglio utilizzando dati originali raccolti in un sondaggio condotto su quasi 3000 ricercatori e tecnologi di Enti Pubblici di Ricerca (CNR e INAF) nel 2021, che è finalizzato a indagare le modalità di utilizzo e gli effetti del lavoro agile all'interno di questo specifico segmento della pubblica amministrazione. Il database contiene numerose variabili riferite alle competenze digitali dei singoli lavoratori, alla dotazione di infrastrutture digitali per lavorare da remoto, alla formazione per l'uso delle nuove tecnologie, alla soddisfazione del lavoratore e ad altri elementi che qualificano la modalità con cui si è implementata questa innovazione organizzativa. Più in dettaglio, dopo aver sintetizzato parte di quella vasta letteratura che incrocia il ruolo delle tecnologie abilitanti con quello della formazione continua e dell'organizzazione del lavoro, il contributo descrive il livello delle competenze rilevato nel campione dei lavoratori, l'intensità e la qualità nell'uso delle nuove tecnologie con cui gestire il lavoro agile, le performance (singole e di sistema) ottenute dalla nuova organizzazione e il giudizio del lavoratore verso un uso esteso del lavoro agile. Indirettamente, si esamina anche il rapporto tra la diffusione delle competenze digitali, l'utilizzo del lavoro agile e il relativo impatto ambientale.

Digital skills and smart working in a changing society

GVitali;
2023

Abstract

La doppia transizione, digitale ed ecologica, che la nostra società deve affrontare può essere facilitata da innovazioni di tipo organizzativo applicate all'ambiente di lavoro. Grazie al rapido sviluppo delle nuove tecnologie digitali, l'organizzazione del lavoro ha subito radicali cambiamenti, tra i quali un più diffuso utilizzo dello smart working (D'Amato, 2014; Gastaldi e al., 2014), accelerato anche dall'insorgere dell'emergenza pandemica (Penna e al., 2020; Butera, 2020). Gli studi condotti sulla diffusione del lavoro agile, tanto nel periodo pandemico, quanto in quello successivo, hanno generalmente evidenziato, pur con diverse quantificazioni, l'effetto positivo che questa nuova organizzazione esercita sull'impresa, sui lavoratori e sulla società più in generale (Choudhury, Foroughi e Larson, 2021; Reale, 2022). Infatti, sappiamo che lo smart working genera numerosi effetti positivi i) sull'ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di CO2 che il minor numero di tragitti casa-lavoro consente; ii) sul benessere dei lavoratori, con una migliore conciliazione tra le esigenze del lavoro e quella della vita personale; iii) sulla produttività del sistema, che cresce con la maggiore efficienza derivante dal risparmio di tempo perso nel tragitto casa-lavoro, che viene impiegato in attività a maggiore benessere o maggior valore aggiunto. Tuttavia, condizione necessaria affinché lo smart working produca i suoi effetti positivi è che la nuova organizzazione del lavoro sia compatibile con le abilità digitali dei lavoratori, con una adeguata dotazione dei device digitali, con la ridefinizione delle mansioni e dei criteri di valutazione (maggiore importanza del lavoro per obiettivi), con un'organizzazione paperless e così via. Le condizioni abilitanti affinché lo smart working possa risultare veramente positivo sono pertanto numerose e non sempre diffuse nel contesto italiano. Prendendo ad esempio il caso della pubblica amministrazione, l'organizzazione paperless non è molto sviluppata, come del resto la valutazione del lavoratore per obiettivi da raggiungere (e non sulla base delle ore di presenza in ufficio). A questo proposito, si ritiene che anche il livello delle "competenze digitali" dei lavoratori giochi un ruolo importante nella diffusione del lavoro agile, relazione che il nostro contributo vuole esaminare nel dettaglio utilizzando dati originali raccolti in un sondaggio condotto su quasi 3000 ricercatori e tecnologi di Enti Pubblici di Ricerca (CNR e INAF) nel 2021, che è finalizzato a indagare le modalità di utilizzo e gli effetti del lavoro agile all'interno di questo specifico segmento della pubblica amministrazione. Il database contiene numerose variabili riferite alle competenze digitali dei singoli lavoratori, alla dotazione di infrastrutture digitali per lavorare da remoto, alla formazione per l'uso delle nuove tecnologie, alla soddisfazione del lavoratore e ad altri elementi che qualificano la modalità con cui si è implementata questa innovazione organizzativa. Più in dettaglio, dopo aver sintetizzato parte di quella vasta letteratura che incrocia il ruolo delle tecnologie abilitanti con quello della formazione continua e dell'organizzazione del lavoro, il contributo descrive il livello delle competenze rilevato nel campione dei lavoratori, l'intensità e la qualità nell'uso delle nuove tecnologie con cui gestire il lavoro agile, le performance (singole e di sistema) ottenute dalla nuova organizzazione e il giudizio del lavoratore verso un uso esteso del lavoro agile. Indirettamente, si esamina anche il rapporto tra la diffusione delle competenze digitali, l'utilizzo del lavoro agile e il relativo impatto ambientale.
2023
Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile - IRCrES
SMART WORKING
POLITICHE AMBIENTALI
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/451343
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