La chiesa di San Sebastiano a Venezia è considerata "il tempio" del grande pittore Paolo Caliari detto il Veronese, opera estesa, complessa, dal carattere unitario e grandioso. In essa infatti tutto è dipinto e decorato dal maestro: gli affreschi delle pareti, le portelle d'organo, il soffitto della sagrestia e quello dell'aula che accoglie i tre grandi capolavori su tela Le Storie di Ester. Mentre le tre grandi tele hanno richiamato, nel corso dei secoli, l'attenzione della critica, il soffitto ligneo intagliato, dorato e dipinto ha suscitato un interesse complessivo, ma nessuna ricerca puntuale. La lontananza dal suolo, e quindi la difficoltà di cogliere certi soggetti, la ripetitività di alcuni elementi decorativi, ma soprattutto la presenza delle tele, capolavori assoluti dell'arte del maestro, ne hanno allontanato l'attenzione. Le vicende conservative delle pitture sono ben documentate, soprattutto a partire dall'Ottocento. Numerose testimonianze mostrano un'attenzione costante rivolta al monumento e a quanto racchiuso all'interno, anche negli anni più difficili e poveri per la città sottomessa a dominazioni straniere. L'acqua piovana infiltrata dal coperto è stata, in assoluto, la fonte di degrado più grave per la struttura, ma persino la neve, in più d'una occasione, penetrò nel sottotetto nel corso del XIX secolo. Cosi, negli anni '60-'70 di quel secolo furono attuati estesi interventi di ridipintura delle superfici cui ne furono seguiti altri e altri ancora nel corso del Novecento. Ma tali operazioni, condotte talvolta in modo approssimativo e con materiali che la buona prassi del restauro considera, al giorno d'oggi, inadatti e persino pericolosi, portarono, con la possibilità di una ricomposizione estetica della decorazione complessiva, altri gravi problemi legati alla conservazione che il trascorrere del tempo ha reso sempre più evidenti. Nel corso del restauro avviato nel 2009 e ancora in atto, molte sono le novità che stanno emergendo. Si osservano brani di pitture praticamente sconosciuti, ignorati sin qui, ma ricchi di sorprese. Si sono esaminate le piccole tavole con soggetti prevalentemente legati alla Passione che incorniciano le tre grandi tele con Le storie di Ester. Opere che dal basso non si possono osservare e, solo in parte, si colgono dal barco dei monaci. Dipinti che, comunque, la critica non ha mai preso in considerazione. Le varie parti che compongono la struttura del soffitto ricoperte da policromie ed elementi plastici dorati sono state sottoposte ad indagini stratigrafiche e analisi chimiche elementari tramite microscopio elettronico a scansione accoppiato a microsonda (SEM-EDS), di micro-spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), mirate allo studio della tecnica esecutiva e alla caratterizzazione degli strati pittorici originali (cariche minerali, pigmenti e leganti organici), delle ridipinture, dei materiali di restauro sovrammessi e dei prodotti di alterazione e degrado. I risultati delle indagini hanno consentito di discriminare le parti originali dai numerosi rifacimenti, questi ultimi spesso eseguiti con l'ausilio di pigmenti ottocenteschi, e hanno fornito così informazioni preziose per un corretto approccio critico e metodologico all'intervento di restauro. Uno degli aspetti più interessanti è relativo alla presenza di materiali e tecniche pittoriche diverse. Alcune parti sono eseguite ad olio, altre a tempera, e si osserva un largo impiego di blu di smalto, pigmento adatto soprattutto per l'affresco o la pittura a calce. In questo contesto si è visto, infatti, che tale materiale si presenta irrimediabilmente alterato a causa della migrazione dello ione potassio dalla struttura vetrosa del pigmento verso il legante pittorico. Questo tipo di fenomeno, già noto e riportato in letteratura in diversi casi di pittura ad olio, si presenta anche nelle parti in cui il pigmento risulta applicato esclusivamente a tempera proteica. Si tratta di uno dei primi casi documentati di questo tipo, che allarga l'orizzonte sugli effetti del degrado di tale pigmento, a torto ritenuto raro nei dipinti non a fresco, ma ritrovato sempre più di frequente soprattutto in area veneta fra la fine del 1400 e tutto il XVII secolo.
Il restauro del soffitto ligneo della chiesa di San Sebastiano a Venezia.
AnnalauraCasanova Municchia;
2010
Abstract
La chiesa di San Sebastiano a Venezia è considerata "il tempio" del grande pittore Paolo Caliari detto il Veronese, opera estesa, complessa, dal carattere unitario e grandioso. In essa infatti tutto è dipinto e decorato dal maestro: gli affreschi delle pareti, le portelle d'organo, il soffitto della sagrestia e quello dell'aula che accoglie i tre grandi capolavori su tela Le Storie di Ester. Mentre le tre grandi tele hanno richiamato, nel corso dei secoli, l'attenzione della critica, il soffitto ligneo intagliato, dorato e dipinto ha suscitato un interesse complessivo, ma nessuna ricerca puntuale. La lontananza dal suolo, e quindi la difficoltà di cogliere certi soggetti, la ripetitività di alcuni elementi decorativi, ma soprattutto la presenza delle tele, capolavori assoluti dell'arte del maestro, ne hanno allontanato l'attenzione. Le vicende conservative delle pitture sono ben documentate, soprattutto a partire dall'Ottocento. Numerose testimonianze mostrano un'attenzione costante rivolta al monumento e a quanto racchiuso all'interno, anche negli anni più difficili e poveri per la città sottomessa a dominazioni straniere. L'acqua piovana infiltrata dal coperto è stata, in assoluto, la fonte di degrado più grave per la struttura, ma persino la neve, in più d'una occasione, penetrò nel sottotetto nel corso del XIX secolo. Cosi, negli anni '60-'70 di quel secolo furono attuati estesi interventi di ridipintura delle superfici cui ne furono seguiti altri e altri ancora nel corso del Novecento. Ma tali operazioni, condotte talvolta in modo approssimativo e con materiali che la buona prassi del restauro considera, al giorno d'oggi, inadatti e persino pericolosi, portarono, con la possibilità di una ricomposizione estetica della decorazione complessiva, altri gravi problemi legati alla conservazione che il trascorrere del tempo ha reso sempre più evidenti. Nel corso del restauro avviato nel 2009 e ancora in atto, molte sono le novità che stanno emergendo. Si osservano brani di pitture praticamente sconosciuti, ignorati sin qui, ma ricchi di sorprese. Si sono esaminate le piccole tavole con soggetti prevalentemente legati alla Passione che incorniciano le tre grandi tele con Le storie di Ester. Opere che dal basso non si possono osservare e, solo in parte, si colgono dal barco dei monaci. Dipinti che, comunque, la critica non ha mai preso in considerazione. Le varie parti che compongono la struttura del soffitto ricoperte da policromie ed elementi plastici dorati sono state sottoposte ad indagini stratigrafiche e analisi chimiche elementari tramite microscopio elettronico a scansione accoppiato a microsonda (SEM-EDS), di micro-spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR) e gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), mirate allo studio della tecnica esecutiva e alla caratterizzazione degli strati pittorici originali (cariche minerali, pigmenti e leganti organici), delle ridipinture, dei materiali di restauro sovrammessi e dei prodotti di alterazione e degrado. I risultati delle indagini hanno consentito di discriminare le parti originali dai numerosi rifacimenti, questi ultimi spesso eseguiti con l'ausilio di pigmenti ottocenteschi, e hanno fornito così informazioni preziose per un corretto approccio critico e metodologico all'intervento di restauro. Uno degli aspetti più interessanti è relativo alla presenza di materiali e tecniche pittoriche diverse. Alcune parti sono eseguite ad olio, altre a tempera, e si osserva un largo impiego di blu di smalto, pigmento adatto soprattutto per l'affresco o la pittura a calce. In questo contesto si è visto, infatti, che tale materiale si presenta irrimediabilmente alterato a causa della migrazione dello ione potassio dalla struttura vetrosa del pigmento verso il legante pittorico. Questo tipo di fenomeno, già noto e riportato in letteratura in diversi casi di pittura ad olio, si presenta anche nelle parti in cui il pigmento risulta applicato esclusivamente a tempera proteica. Si tratta di uno dei primi casi documentati di questo tipo, che allarga l'orizzonte sugli effetti del degrado di tale pigmento, a torto ritenuto raro nei dipinti non a fresco, ma ritrovato sempre più di frequente soprattutto in area veneta fra la fine del 1400 e tutto il XVII secolo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


