Il Mar Piccolo di Taranto (Mar Ionio), sito dell’infrastruttura europea eLTER, è un ambiente di transizione, da secoli sede di attività di molluschicoltura. I primi studi sulle macrofite presenti risalgono agli anni ’20 del secolo scorso. Le prime macroalghe aliene furono osservate negli anni ’80, subito dopo l’inizio dell’importazione di molluschi. Il monitoraggio sistematico della flora marina, volto anche alla loro identificazione, iniziato a dicembre 2011, è tuttora in corso, finanziato nell’ambito del PNRR con i progetti ITINERIS e NBFC. Questo ha evidenziato che il Mar Piccolo è il terzo hot spot, in Mediterraneo, per l’introduzione di macroalghe aliene, dopo la laguna di Thau, in Francia, e quella di Venezia. Nel corso degli anni, ne sono state rinvenute 16, ma quelle attualmente presenti sono 14. È stata studiata la dinamica di popolazione di tre specie più abbondanti: Undaria pinnatifida (Alariaceae, Laminariales) e Grateloupia turuturu (Halymeniaceae, Rhodophyta), entrambe native delle acque temperato-fredde del Giappone, e Hypnea corona (Cystocloniaceae, Gigartinales) di origine tropicale. I popolamenti delle prime due, dopo un aumento considerevole nei primi anni dal loro rinvenimento, si sono considerevolmente ridotti, e U. pinnatifida è scomparsa dopo dieci anni. Viceversa, H. corona è ancora presente con notevoli biomasse, ma, pur mostrando un comportamento invasivo, finora non si è rivelata dannosa. Mettendo in relazione le caratteristiche fisio-ecologiche delle tre specie con quelle ambientali del Mar Piccolo, la cui temperatura negli ultimi anni ha mostrato un trend in aumento di 1 °C, è emerso che nel Mar Piccolo le aliene ad affinità temperato-fredda non si insediano stabilmente, mentre quelle ad affinità calda sono avvantaggiate. Lo studio suggerisce che, conoscendo i requisiti eco- fisiologici di specie aliene appena rinvenute, il monitoraggio dell’andamento della temperatura nel bacino ricevente può fornire un’utile indicazione sul loro destino e permettere di mettere in atto eventuali azioni di contenimento.
Non serve la sfera di cristallo: ruolo dei dati “long-term” nella previsione del destino delle acroalghe aliene nel Mar Piccolo di Taranto
Petrocelli Antonella
Primo
Conceptualization
;Denti GiuseppeSecondo
Methodology
;Cecere EsterUltimo
Conceptualization
2024
Abstract
Il Mar Piccolo di Taranto (Mar Ionio), sito dell’infrastruttura europea eLTER, è un ambiente di transizione, da secoli sede di attività di molluschicoltura. I primi studi sulle macrofite presenti risalgono agli anni ’20 del secolo scorso. Le prime macroalghe aliene furono osservate negli anni ’80, subito dopo l’inizio dell’importazione di molluschi. Il monitoraggio sistematico della flora marina, volto anche alla loro identificazione, iniziato a dicembre 2011, è tuttora in corso, finanziato nell’ambito del PNRR con i progetti ITINERIS e NBFC. Questo ha evidenziato che il Mar Piccolo è il terzo hot spot, in Mediterraneo, per l’introduzione di macroalghe aliene, dopo la laguna di Thau, in Francia, e quella di Venezia. Nel corso degli anni, ne sono state rinvenute 16, ma quelle attualmente presenti sono 14. È stata studiata la dinamica di popolazione di tre specie più abbondanti: Undaria pinnatifida (Alariaceae, Laminariales) e Grateloupia turuturu (Halymeniaceae, Rhodophyta), entrambe native delle acque temperato-fredde del Giappone, e Hypnea corona (Cystocloniaceae, Gigartinales) di origine tropicale. I popolamenti delle prime due, dopo un aumento considerevole nei primi anni dal loro rinvenimento, si sono considerevolmente ridotti, e U. pinnatifida è scomparsa dopo dieci anni. Viceversa, H. corona è ancora presente con notevoli biomasse, ma, pur mostrando un comportamento invasivo, finora non si è rivelata dannosa. Mettendo in relazione le caratteristiche fisio-ecologiche delle tre specie con quelle ambientali del Mar Piccolo, la cui temperatura negli ultimi anni ha mostrato un trend in aumento di 1 °C, è emerso che nel Mar Piccolo le aliene ad affinità temperato-fredda non si insediano stabilmente, mentre quelle ad affinità calda sono avvantaggiate. Lo studio suggerisce che, conoscendo i requisiti eco- fisiologici di specie aliene appena rinvenute, il monitoraggio dell’andamento della temperatura nel bacino ricevente può fornire un’utile indicazione sul loro destino e permettere di mettere in atto eventuali azioni di contenimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.