Rientrano nella categoria dei foraggi tutte quelle specie erbacee di cui si utilizza la pianta intera per l’alimentazione degli animali erbivori. Il principale ruolo dei foraggi è quello di fornire alimenti, non edibili per l’uomo, per i ruminanti e altri erbivori, che sono in grado di convertire le componenti fibrose delle piante in energia. L’interesse dei foraggi è legato alla capacità dei ruminanti (bovini, ovini e caprini) e di alcuni monogastrici (equini) di utilizzare la fibra grazie a simbiosi con batteri cellulosolitici. Infatti, i ruminanti occupano una nicchia ecologica unica per la loro capacità di utilizzare la parete cellulare delle piante (composta da polisaccaridi strutturali quali cellulosa, emicellulose e pectine) come fonte di energia convertendola in carne, latte e lana. Questo è stato reso possibile attraverso l’evoluzione di un apparato digerente sviluppato e specializzato alla degradazione dei materiali fibrosi grazie alla simbiosi con una popolazione microbica anaerobica molto complessa. Tale simbiosi ha portato a un notevole sviluppo del tratto digestivo, in cui i materiali fibrosi, lentamente degradabili, possano essere fermati per essere attaccati dai microrganismi. Tale processo avviene prevalentemente nel rumine. Questo adattamento del sistema digestivo ha portato ad un legame dei ruminanti con alimenti ricchi di fibra e quindi alla necessità di foraggi quali componenti della dieta. Infatti, la necessità dei ruminanti di avere una certa quota di foraggi nella dieta è fondamentale per evitare l’alterazione degli equilibri microbici ruminali. Questo riveste un punto chiave dello studio della foraggicoltura al servizio di una zootecnia efficiente e sostenibile, soprattutto quando si parla di allevamenti intensivi che allevano animali molto produttivi, in quanto esiste la necessità di integrare l’energia e la proteina derivata dai foraggi con alimenti più concentrati che derivano dalle farine di cereali o di leguminose da granella o dai loro sottoprodotti (che sono ricche di polisaccaridi non strutturali quali gli amidi). Un altro aspetto da considerare nella foraggicoltura è l’estrema variabilità e rapida deperibilità qualitativa dei foraggi in campo al momento della raccolta, che distingue profondamente queste colture erbacee dai cereali e dalle proteoleaginose da granella. Infatti, non è possibile pensare alla foraggicoltura senza affrontare il problema dell’utilizzazione e conservazione dei foraggi, in relazione all’elevatissima umidità che caratterizza la maggior parte dei foraggi alla raccolta, che li rende fortemente vulnerabili alla degradazione da parte di enzimi della pianta e dei microorganismi. Inoltre, alcuni vincoli qualitativi di alcune filiere rende indispensabile conoscere approfonditamente gli aspetti della conservazione dei foraggi per poter affrontare in modo efficiente e sostenibile l’utilizzo di questi in razione.

PIANTE ERBACEE PER IMPIEGHI FORAGGERI

Claudio Porqueddu;
2024

Abstract

Rientrano nella categoria dei foraggi tutte quelle specie erbacee di cui si utilizza la pianta intera per l’alimentazione degli animali erbivori. Il principale ruolo dei foraggi è quello di fornire alimenti, non edibili per l’uomo, per i ruminanti e altri erbivori, che sono in grado di convertire le componenti fibrose delle piante in energia. L’interesse dei foraggi è legato alla capacità dei ruminanti (bovini, ovini e caprini) e di alcuni monogastrici (equini) di utilizzare la fibra grazie a simbiosi con batteri cellulosolitici. Infatti, i ruminanti occupano una nicchia ecologica unica per la loro capacità di utilizzare la parete cellulare delle piante (composta da polisaccaridi strutturali quali cellulosa, emicellulose e pectine) come fonte di energia convertendola in carne, latte e lana. Questo è stato reso possibile attraverso l’evoluzione di un apparato digerente sviluppato e specializzato alla degradazione dei materiali fibrosi grazie alla simbiosi con una popolazione microbica anaerobica molto complessa. Tale simbiosi ha portato a un notevole sviluppo del tratto digestivo, in cui i materiali fibrosi, lentamente degradabili, possano essere fermati per essere attaccati dai microrganismi. Tale processo avviene prevalentemente nel rumine. Questo adattamento del sistema digestivo ha portato ad un legame dei ruminanti con alimenti ricchi di fibra e quindi alla necessità di foraggi quali componenti della dieta. Infatti, la necessità dei ruminanti di avere una certa quota di foraggi nella dieta è fondamentale per evitare l’alterazione degli equilibri microbici ruminali. Questo riveste un punto chiave dello studio della foraggicoltura al servizio di una zootecnia efficiente e sostenibile, soprattutto quando si parla di allevamenti intensivi che allevano animali molto produttivi, in quanto esiste la necessità di integrare l’energia e la proteina derivata dai foraggi con alimenti più concentrati che derivano dalle farine di cereali o di leguminose da granella o dai loro sottoprodotti (che sono ricche di polisaccaridi non strutturali quali gli amidi). Un altro aspetto da considerare nella foraggicoltura è l’estrema variabilità e rapida deperibilità qualitativa dei foraggi in campo al momento della raccolta, che distingue profondamente queste colture erbacee dai cereali e dalle proteoleaginose da granella. Infatti, non è possibile pensare alla foraggicoltura senza affrontare il problema dell’utilizzazione e conservazione dei foraggi, in relazione all’elevatissima umidità che caratterizza la maggior parte dei foraggi alla raccolta, che li rende fortemente vulnerabili alla degradazione da parte di enzimi della pianta e dei microorganismi. Inoltre, alcuni vincoli qualitativi di alcune filiere rende indispensabile conoscere approfonditamente gli aspetti della conservazione dei foraggi per poter affrontare in modo efficiente e sostenibile l’utilizzo di questi in razione.
2024
Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo - ISPAAM - Sede Secondaria Sassari
978-88-506-5622-6
Graminacee, leguminose, prati, pascoli, erbai
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/524214
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