Usi civici e beni comuni nella storia d'Italia

Nel corso degli ultimi anni il tema dei beni comuni ha destato un nuovo interesse in una parte del dibattito pubblico nazionale ed internazionale, e ha acquistato un significato sempre più ampio che rimanda alla necessità di proteggere sia beni materiali come le acque, l'aria respirabile, le foreste, i ghiacciai, la fauna e la flora, che beni immateriali come i brevetti e le altre forme di creazione intellettuale attinente al mondo culturale e tecnico-scientifico1 Il mio intervento intende invece prendere in considerazione le realtà storiche dalle quali l'espressione "beni comuni" come la intendiamo oggi trae origine, e cioè quelle forme di uso, possesso e gestione collettiva del territorio, che sono state dominanti nella nostra penisola fin dall'età medievale. Il tema è vastissimo e dunque mi limiterò a tracciare le linee generali di interpretazione degli usi civici e dei beni comuni in Italia e delle loro trasformazioni. I vantaggi e gli svantaggi dell'uso, del possesso e della gestione collettiva delle risorse ha sempre suscitato accesi dibattiti fin dal XVIII secolo