La rappresentanza degli italiani all'estero: lenta, lunga e incompiuta?

L’analisi delle dinamiche che hanno portato a conferire una rappresentanza alle comunità italiane nel mondo è probabilmente uno degli esercizi più complessi di ricostruzione storica. Questa valutazione non deriva dal fatto che non esistano riferimenti normativi, perché probabilmente il quadro normativo di riferimento è anzi fin troppo articolato. Piuttosto, l’elemento che più di ogni altro crea una certa confusione è riferibile all’applicazione concreta, giuridicamente potremmo utilizzare l’espressione applicazione «materiale» della norma. In altre parole, al netto degli enunciati legislativi, le questioni principali sono quali siano state le prassi applicative e soprattutto perché ancora oggi – nonostante si sia giunti ad avere molteplici livelli di rappresentanza, finanche in seno al parlamento della Repubblica – si ha come la sensazione che i quasi 6 milioni di italiane e italiani censiti dall’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) siano monchi di rappresentanza, sebbene negli ultimi quindici anni (2006-2020) questa presenza sia cresciuta di oltre il 76%, con una media di iscrizioni per solo espatrio di 100.000 unità annue nell’ultimo quinquennio.