I lavoratori portatori di dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA) sono considerati particolarmente sensibili al rischio se esposti a campi elettromagnetici e, in accordo con la Direttiva 2013/35/UE, il datore di lavoro deve condurre una valutazione del rischio approfondita e individuale. Tra gli ambienti di lavoro in cui il livello di campo elettromagnetico (CEM) può superare i livelli di immunità dei DMIA ci sono gli ambienti sanitari, i centri estetici e di fisioterapia e alcuni impianti industriali. In questo lavoro sono riportati i risultati di campagne di misura per la valutazione sperimentale in vitro della compatibilità elettromagnetica dei DMIA in questi ambienti di lavoro. Le campagne di misura seguono l’approccio in-vitro suggerito dalla famiglia di norme EN 50527, mediante l’utilizzo di un fantoccio che permette di eseguire test non solo in condizioni reali ma anche simulando le condizioni di caso peggiore, che possono essere lontane dalla pratica abituale, ma che massimizzano l’interazione tra la sorgente di CEM e il DMIA, senza il coinvolgimento diretto del lavoratore. Sette sorgenti di CEM in ambiente di lavoro sono state caratterizzate e valutate in termini di analisi del rischio verso lavoratori con DMIA: un’unità di elettrochirurgica (bisturi elettrico), uno stimolatore magnetico transcranico, una saldatrice ad arco, due dispositivi utilizzati a fini estetici, un’apparecchiatura per la Tecar terapia e una per la magnetoterapia. Il fantoccio è stato progettato per ospitare il PM e per monitorarne il comportamento quando esposto al CEM attraverso un registratore di segnali elettrici. L’attività del DMIA testati è stata alterata dalla saldatrice ad arco che ha causato l’inibizione del dispositivo e parzialmente dallo stimolatore magnetico transcranico che ha innescato la modalità di protezione da rumore esterno. Tutte le altre sorgenti non hanno causato interferenza. I fenomeni di interferenza si sono verificati in condizioni di caso peggiore in cui l’accoppiamento tra l’impianto e la sorgente era massimizzato e il segnale interferente era modulato in ampiezza ad una frequenza vicina al battito cardiaco. Questi risultati possono essere usati come evidenza scientifica e dati di letteratura per indentificare particolari scenari per i quali non è possibile escludere a priori la possibilità di interferenze elettromagnetiche e pertanto è necessario condurre una valutazione del rischio specifica.
Valutazione sperimentale della compatibilità elettromagnetica di dispositivi medici impiantabili attivi in diversi ambienti di lavoro
Comelli Moreno;Zoppetti Nicola;
2024
Abstract
I lavoratori portatori di dispositivi medici impiantabili attivi (DMIA) sono considerati particolarmente sensibili al rischio se esposti a campi elettromagnetici e, in accordo con la Direttiva 2013/35/UE, il datore di lavoro deve condurre una valutazione del rischio approfondita e individuale. Tra gli ambienti di lavoro in cui il livello di campo elettromagnetico (CEM) può superare i livelli di immunità dei DMIA ci sono gli ambienti sanitari, i centri estetici e di fisioterapia e alcuni impianti industriali. In questo lavoro sono riportati i risultati di campagne di misura per la valutazione sperimentale in vitro della compatibilità elettromagnetica dei DMIA in questi ambienti di lavoro. Le campagne di misura seguono l’approccio in-vitro suggerito dalla famiglia di norme EN 50527, mediante l’utilizzo di un fantoccio che permette di eseguire test non solo in condizioni reali ma anche simulando le condizioni di caso peggiore, che possono essere lontane dalla pratica abituale, ma che massimizzano l’interazione tra la sorgente di CEM e il DMIA, senza il coinvolgimento diretto del lavoratore. Sette sorgenti di CEM in ambiente di lavoro sono state caratterizzate e valutate in termini di analisi del rischio verso lavoratori con DMIA: un’unità di elettrochirurgica (bisturi elettrico), uno stimolatore magnetico transcranico, una saldatrice ad arco, due dispositivi utilizzati a fini estetici, un’apparecchiatura per la Tecar terapia e una per la magnetoterapia. Il fantoccio è stato progettato per ospitare il PM e per monitorarne il comportamento quando esposto al CEM attraverso un registratore di segnali elettrici. L’attività del DMIA testati è stata alterata dalla saldatrice ad arco che ha causato l’inibizione del dispositivo e parzialmente dallo stimolatore magnetico transcranico che ha innescato la modalità di protezione da rumore esterno. Tutte le altre sorgenti non hanno causato interferenza. I fenomeni di interferenza si sono verificati in condizioni di caso peggiore in cui l’accoppiamento tra l’impianto e la sorgente era massimizzato e il segnale interferente era modulato in ampiezza ad una frequenza vicina al battito cardiaco. Questi risultati possono essere usati come evidenza scientifica e dati di letteratura per indentificare particolari scenari per i quali non è possibile escludere a priori la possibilità di interferenze elettromagnetiche e pertanto è necessario condurre una valutazione del rischio specifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


