Nell’Alto Medioevo, con il progressivo diradamento dei commerci marittimi a causa delle incursioni barbaresche, venne meno la visione globale tipica del mondo classico, espressione di una simbiosi tra l’astrazione matematica e la conoscenza diretta dei luoghi desunta dalla navigazione e dai viaggi; e le isole, sempre più realtà marginali, diventarono “luoghi mentali” che spesso richiamavano le fantastiche localizzazioni dell’antichità. Perfino Dante colloca la montagna del Paradiso terrestre, «che si leva più dell’onda», e ospita il Purgatorio in mezzo all’Oceano, così come l'Asinara, fatta tracciare in una carta del 1625 per il rilievo del sistema difensivo del suo golfo su ordine del viceré spagnolo Juan Vivas, è raffigurata simile a un’inaccessibile montagna che si erge in mezzo al mare. Nell’immaginario collettivo medievale le isole custodivano spesso il soprannaturale e il meraviglioso, ma talvolta accoglievano anche l’ambiguo, il mostruoso, il barbarico. I limiti tra il reale e il fantastico erano ancora incerti e spesso la “diversità” insulare appariva come la frontiera del “fenomenale”. Scrittori e geografi del Medioevo furono attratti dalle meraviglie, dai prodigi, dalle fantasmagorie dei viaggi nelle isole, e se non era facile classificare gli aspetti più propriamente fisici del loro territorio altrettanto difficile era individuarne il carattere degli abitanti. «I popoli delle isole», scriveva nel 1748 Montesquieu ne "L’esprit des lois", «sono maggiormente portati alla libertà di quelli del continente» e nel 1922 Lucien Febvre ne "La terre et l’évolution humaine" si è servito proprio della Sardegna per illustrare i problemi storici dell’insularità. Egli illustra l'isola come esempio di “isola prigione”, "conservatoire" di «vecchie razze eliminate, di antichi costumi, di antiche forme sociali bandite dai continenti», chiusa il più delle volte alle influenze esterne. «Essa sta fuori, fuori dal cerchio della civiltà» ha scritto David Lawrence in "Sea and Sardinia", dopo il suo viaggio nell’isola nel 1921. E anche l’Asinara non è sfuggita nei secoli agli stereotipi per stranezze di scrittori, storici e politici, che hanno emarginato ulteriormente un luogo tanto separato dalla società, come si evince sfogliando le pagine di questo saggio. La storia, però, non sempre ha testimoniato arretratezza e la cartografia è stata raramente la grafica della marginalizzazione. Di fatto, come nelle rotte tracciate sulle carte nautiche medievali, dalla Sardegna ripetutamente si dipanavano fili sottili che abbracciavano tutte le coste e i porti dei paesi rivieraschi e mostravano la profonda integrazione dell’isola nella navigazione, nei traffici, negli scambi economici e culturali del Mediterraneo.
L’Asinara, un’isola mediterranea dai tanti volti. Il periodo medievale
cioppi alessandra
2025
Abstract
Nell’Alto Medioevo, con il progressivo diradamento dei commerci marittimi a causa delle incursioni barbaresche, venne meno la visione globale tipica del mondo classico, espressione di una simbiosi tra l’astrazione matematica e la conoscenza diretta dei luoghi desunta dalla navigazione e dai viaggi; e le isole, sempre più realtà marginali, diventarono “luoghi mentali” che spesso richiamavano le fantastiche localizzazioni dell’antichità. Perfino Dante colloca la montagna del Paradiso terrestre, «che si leva più dell’onda», e ospita il Purgatorio in mezzo all’Oceano, così come l'Asinara, fatta tracciare in una carta del 1625 per il rilievo del sistema difensivo del suo golfo su ordine del viceré spagnolo Juan Vivas, è raffigurata simile a un’inaccessibile montagna che si erge in mezzo al mare. Nell’immaginario collettivo medievale le isole custodivano spesso il soprannaturale e il meraviglioso, ma talvolta accoglievano anche l’ambiguo, il mostruoso, il barbarico. I limiti tra il reale e il fantastico erano ancora incerti e spesso la “diversità” insulare appariva come la frontiera del “fenomenale”. Scrittori e geografi del Medioevo furono attratti dalle meraviglie, dai prodigi, dalle fantasmagorie dei viaggi nelle isole, e se non era facile classificare gli aspetti più propriamente fisici del loro territorio altrettanto difficile era individuarne il carattere degli abitanti. «I popoli delle isole», scriveva nel 1748 Montesquieu ne "L’esprit des lois", «sono maggiormente portati alla libertà di quelli del continente» e nel 1922 Lucien Febvre ne "La terre et l’évolution humaine" si è servito proprio della Sardegna per illustrare i problemi storici dell’insularità. Egli illustra l'isola come esempio di “isola prigione”, "conservatoire" di «vecchie razze eliminate, di antichi costumi, di antiche forme sociali bandite dai continenti», chiusa il più delle volte alle influenze esterne. «Essa sta fuori, fuori dal cerchio della civiltà» ha scritto David Lawrence in "Sea and Sardinia", dopo il suo viaggio nell’isola nel 1921. E anche l’Asinara non è sfuggita nei secoli agli stereotipi per stranezze di scrittori, storici e politici, che hanno emarginato ulteriormente un luogo tanto separato dalla società, come si evince sfogliando le pagine di questo saggio. La storia, però, non sempre ha testimoniato arretratezza e la cartografia è stata raramente la grafica della marginalizzazione. Di fatto, come nelle rotte tracciate sulle carte nautiche medievali, dalla Sardegna ripetutamente si dipanavano fili sottili che abbracciavano tutte le coste e i porti dei paesi rivieraschi e mostravano la profonda integrazione dell’isola nella navigazione, nei traffici, negli scambi economici e culturali del Mediterraneo.| File | Dimensione | Formato | |
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