La questione del centro storico Negli anni Sessanta, il problema dei centri storici (minori e non) era il loro degrado fisico. Per affrontarlo si pose come obiettivo il loro recupero fisico (architettonico- urbanistico) o, più precisamente, il loro "risanamento conservativo", come l'aveva definito la Carta del Gubbio che, nel 1960, aveva fatto il punto della situazione dando il via ad una normativa che negli anni che seguirono permise, in tutta Europa, la costituzioni di "conservation areas" e "secteurs sauvegardes" che, a loro volta, consentirono un gran numero di interventi di recupero urbano che portò ad una vera e propria rinascita dei centri storici europei. Negli anni Settanta- Ottanta, l'enfasi passò dalla conservazione fisica a quella funzionale. Infatti, la graduale espulsione della residenza e la più generale trasformazione delle funzioni a cui venivano adibiti i centri storici -- in larga misura dovute agli stessi interventi di recupero che avevano comportato un incremento dei valori degli immobili, non garantendo più la multifunzionalità della tradizionale città - avevano posto al centro dell' attenzione lo snaturamento funzionale del centro storico. In questa nuova fase si passò quindi dagli interventi di conservazione fisica a quelli di conservazione funzionale; o meglio alla promozione di iniziative che comportavano anche la conservazione funzionale. Il caso del quartiere di Marais a Parigi o di Lace Market a Nottingham in Inghilterra sono fra i più esemplificativi per le loro diverse modalità di intervento. Nelle ultime decadi siamo, invece, testimoni di una nuova fase di trasformazione. Con la crescita dell'industria del turismo si verifica la sostituzione delle attività terziarie, che avevano già occupato e monopolizzato gran parte delle funzioni del centro storico, con i servizi rivolti esclusivamente al turismo (il bureau de change, la ristorazione prevalentemente d'asporto, ma anche il finto artigianato o antiquariato e/o i made in China Italian souvenir). Dallo snaturamento funzionale si passa allo svuotamento di senso. I CS rimangono pietre mute. Non a caso, in questa ultima fase, gli interventi nei centri storici pongono l'attenzione sul recupero del valori di vivibilità e mirano a ri-dare agli spazi storici il senso dei luoghi di vita di una collettività, che una volta avevano. Come si vede dagli anni Sessanta ad oggi si è passati gradualmente dalla perdita (o degrado) dello spazio fisico alla perdita (o degrado) del senso dei luoghi sia in senso funzionale che identitario. Ma mentre il recupero urbano ha fatto rinascere fisicamente i centri storici i tentativi di recupero funzionale e/o di vivibilità non hanno ancora dato esiti positivi o almeno non sempre! In questa prospettiva verranno presentati una serie di esempi italiani e stranieri con l'obiettivo di valutare e identificare gli approcci, i metodi e le tecniche più rilevanti ed efficaci per una valorizzazione sostenibile dei CS. Vedremo innanzitutto che il problema che ci troviamo di fronte non può essere risolto né in modo a-storico né in una ottica separata rispetto alle questioni relative ai cambiamenti economici generali, urbani, territoriali o anche addirittura globali (vedi p.e. il turismo come fenomeno globale); ma al contrario va affrontato ponendosi questioni di: - scala (piccoli CS rispetto a medio grandi o quelli inseriti in città metropolitane) - contestualizzazione (nel paesaggio, territorio, accessibilità) - messa in rete (anche informatica, portali, links) - sinergie - individuazione delle specificità, delle vocazioni su cui indirizzare il "turismo culturale"e il creative tourism.

La questione dei centri storici. Proposte di monitoraggio per una valorizzazione e gestione sostenibile

H Porfyriou
2011

Abstract

La questione del centro storico Negli anni Sessanta, il problema dei centri storici (minori e non) era il loro degrado fisico. Per affrontarlo si pose come obiettivo il loro recupero fisico (architettonico- urbanistico) o, più precisamente, il loro "risanamento conservativo", come l'aveva definito la Carta del Gubbio che, nel 1960, aveva fatto il punto della situazione dando il via ad una normativa che negli anni che seguirono permise, in tutta Europa, la costituzioni di "conservation areas" e "secteurs sauvegardes" che, a loro volta, consentirono un gran numero di interventi di recupero urbano che portò ad una vera e propria rinascita dei centri storici europei. Negli anni Settanta- Ottanta, l'enfasi passò dalla conservazione fisica a quella funzionale. Infatti, la graduale espulsione della residenza e la più generale trasformazione delle funzioni a cui venivano adibiti i centri storici -- in larga misura dovute agli stessi interventi di recupero che avevano comportato un incremento dei valori degli immobili, non garantendo più la multifunzionalità della tradizionale città - avevano posto al centro dell' attenzione lo snaturamento funzionale del centro storico. In questa nuova fase si passò quindi dagli interventi di conservazione fisica a quelli di conservazione funzionale; o meglio alla promozione di iniziative che comportavano anche la conservazione funzionale. Il caso del quartiere di Marais a Parigi o di Lace Market a Nottingham in Inghilterra sono fra i più esemplificativi per le loro diverse modalità di intervento. Nelle ultime decadi siamo, invece, testimoni di una nuova fase di trasformazione. Con la crescita dell'industria del turismo si verifica la sostituzione delle attività terziarie, che avevano già occupato e monopolizzato gran parte delle funzioni del centro storico, con i servizi rivolti esclusivamente al turismo (il bureau de change, la ristorazione prevalentemente d'asporto, ma anche il finto artigianato o antiquariato e/o i made in China Italian souvenir). Dallo snaturamento funzionale si passa allo svuotamento di senso. I CS rimangono pietre mute. Non a caso, in questa ultima fase, gli interventi nei centri storici pongono l'attenzione sul recupero del valori di vivibilità e mirano a ri-dare agli spazi storici il senso dei luoghi di vita di una collettività, che una volta avevano. Come si vede dagli anni Sessanta ad oggi si è passati gradualmente dalla perdita (o degrado) dello spazio fisico alla perdita (o degrado) del senso dei luoghi sia in senso funzionale che identitario. Ma mentre il recupero urbano ha fatto rinascere fisicamente i centri storici i tentativi di recupero funzionale e/o di vivibilità non hanno ancora dato esiti positivi o almeno non sempre! In questa prospettiva verranno presentati una serie di esempi italiani e stranieri con l'obiettivo di valutare e identificare gli approcci, i metodi e le tecniche più rilevanti ed efficaci per una valorizzazione sostenibile dei CS. Vedremo innanzitutto che il problema che ci troviamo di fronte non può essere risolto né in modo a-storico né in una ottica separata rispetto alle questioni relative ai cambiamenti economici generali, urbani, territoriali o anche addirittura globali (vedi p.e. il turismo come fenomeno globale); ma al contrario va affrontato ponendosi questioni di: - scala (piccoli CS rispetto a medio grandi o quelli inseriti in città metropolitane) - contestualizzazione (nel paesaggio, territorio, accessibilità) - messa in rete (anche informatica, portali, links) - sinergie - individuazione delle specificità, delle vocazioni su cui indirizzare il "turismo culturale"e il creative tourism.
2011
Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali - ICVBC - Sede Sesto Fiorentino
Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale - ISPC
Centri storici
conservazione urbana
gestione sostenibile
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/72165
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