I più recenti studi sulle difficoltà di lettura e scrittura propongono modelli interpretativi che non tengono in alcun conto alcuni considerevoli orientamenti teorici fino a poco tempo prima dominanti: così ad esempio la teorizzazione di Orton, e gli studi sulla componente visivo-spaziale, che tuttora in campo clinico trovano ampi consensi ed applicazioni riabilitative o preventive in campo educativo, almeno in Italia, non sono stati più integrati in modelli cognitivisti dell'architettura funzionale, e sono marginalmente considerati in studi empirici (Miles, 1983). L'unità di base dello studio dei processi di lettura e scrittura si è spostata dalla lettera alla parola, alla frase, in un approccio che, giustamente, nella considerazione degli aspetti semantici e contestuali tende ad una dimensione olistica più prossima ad una situazione di osservazione ecologica. Nonostante ciò la condizione sperimentale riconduce poi alla focalizzazione su aspetti dominanti, e nuovamente parcellizzanti. È stata trascurata negli ultimi tempi una ricchezza di elementi che la pratica clinico-diagnostica in età evolutiva continua ad evidenziare e che era stata alla base degli orientamenti teorici precedenti; non a caso la prima denominazione della dislessia era stata «cecità visiva». In particolare le ricerche di Vellutino et al. (1975), che hanno avuto largo seguito, hanno evidenziato il ruolo privilegiato dell'associazione fra stimolo percettivo-visivo e simbolo, rispetto a quello della capacità di discriminazione percettivo-visiva. Un considerevole corpo di studi, innescato dalla ricerca di Conrad (1964) negli anni 70, si è rivolto all'incidenza delle componenti visive e acustiche nella confusione di lettere. I risultl:\!i sono contraddittori; alcune ricerche segnalavano la rilevanza della componente acustica (Dainoff, 1970; Dainoff, Haber, 1970) altre quella della componente visiva (Boles, Eveland, 1983; Gilmore et al., 1979; Rapp, Caramazza, 1989). Sembra evidente che non possono essere scartate né l'una, né l'altra. Mentre il filone di ricerche iniziate da Vellutino, proseguite poi da altri, diminuendo l'importanza della componente visiva hanno indirizzato a trascurare gli aspetti più propriamente percettivo-visivi, più recentemente si possono individuare diverse direzioni di ricerca che ancora si rivolgono ad aspetti visivi nelle difficoltà di lettura e scrittura.
Aspetti grafico-visivi nel riconoscimento di lettere in terza elementare
Tavella M
1992
Abstract
I più recenti studi sulle difficoltà di lettura e scrittura propongono modelli interpretativi che non tengono in alcun conto alcuni considerevoli orientamenti teorici fino a poco tempo prima dominanti: così ad esempio la teorizzazione di Orton, e gli studi sulla componente visivo-spaziale, che tuttora in campo clinico trovano ampi consensi ed applicazioni riabilitative o preventive in campo educativo, almeno in Italia, non sono stati più integrati in modelli cognitivisti dell'architettura funzionale, e sono marginalmente considerati in studi empirici (Miles, 1983). L'unità di base dello studio dei processi di lettura e scrittura si è spostata dalla lettera alla parola, alla frase, in un approccio che, giustamente, nella considerazione degli aspetti semantici e contestuali tende ad una dimensione olistica più prossima ad una situazione di osservazione ecologica. Nonostante ciò la condizione sperimentale riconduce poi alla focalizzazione su aspetti dominanti, e nuovamente parcellizzanti. È stata trascurata negli ultimi tempi una ricchezza di elementi che la pratica clinico-diagnostica in età evolutiva continua ad evidenziare e che era stata alla base degli orientamenti teorici precedenti; non a caso la prima denominazione della dislessia era stata «cecità visiva». In particolare le ricerche di Vellutino et al. (1975), che hanno avuto largo seguito, hanno evidenziato il ruolo privilegiato dell'associazione fra stimolo percettivo-visivo e simbolo, rispetto a quello della capacità di discriminazione percettivo-visiva. Un considerevole corpo di studi, innescato dalla ricerca di Conrad (1964) negli anni 70, si è rivolto all'incidenza delle componenti visive e acustiche nella confusione di lettere. I risultl:\!i sono contraddittori; alcune ricerche segnalavano la rilevanza della componente acustica (Dainoff, 1970; Dainoff, Haber, 1970) altre quella della componente visiva (Boles, Eveland, 1983; Gilmore et al., 1979; Rapp, Caramazza, 1989). Sembra evidente che non possono essere scartate né l'una, né l'altra. Mentre il filone di ricerche iniziate da Vellutino, proseguite poi da altri, diminuendo l'importanza della componente visiva hanno indirizzato a trascurare gli aspetti più propriamente percettivo-visivi, più recentemente si possono individuare diverse direzioni di ricerca che ancora si rivolgono ad aspetti visivi nelle difficoltà di lettura e scrittura.File | Dimensione | Formato | |
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