L'Economia rustica del Regno di Napoli" del 1835 riporta tra le colture della Daunia presenti nei "poderi arabili", "masserie di campo" caratterizzate da terreni estesissimi e "versurieri" da terreni di piccole dimensioni, il grano duro Carlantino, frumento somigliantissimo alla Saragolla dalla quale differisce per "i grani più sottili e più lucidi". Nei documenti sulla storia dell'alimentazione dell'Alta Murgia (1844-1846) tale coltura è segnalata tra i frumenti con le rese migliori "di consueto somministrati ai panettieri". Nel 1927 l'arciprete Ernesto Josa riporta nel testo da lui redatto su Carlantino che le industrie ed il commercio della zona erano limitati alla esportazione dei grani duri detti "Carlantini" mentre il De Cillis, sempre nello stesso anno citando anche i sinonimi (Duro comune, Abbondanza), ne descrive le caratteristiche agronomiche: autunnale di media precocità, coltivato sia in pianura che collina, poco esigente rispetto alla "abitabilità del terreno", di medio accestimento, resistente all'allettamento, poco alla stretta, di più alle ruggini, di produttività elevata e stazionaria nelle zone di produzione. Il Carlantino da tempo soppiantato dalle varietà moderne nel territorio di origine, i Monti Dauni, è stato recentemente reintrodotto in un area ristretta in prossimità della cittadina, lì dove molto probabilmente tale antica varietà veniva coltivata dal 1800. Considerata l'inesistenza di tale risorsa in zona, il reperimento in questo caso è stato effettuato presso Banche del germoplasma che lo conservavano da tempo. La antica varietà è stata pertanto seminata e poi raccolta da un agricoltore della zona e successivamente conservata presso la banca del germoplasma del CNR-IBBR di Bari dove è stata sottoposta a controllo dello stato fitosanitario (Finetti et al. poster convegno), caratterizzazione morfologica, genetica, qualitativa. I risultati mostrano caratteristiche morfologiche simili ad alcune Saragolle impiegate nella prova, mentre composizione proteica e contenuto in sostanze azotate risultano superiori alle varietà commerciali impiegate come riferimento. E' stato inoltre determinato il contenuto di fitina e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli rilevati in alcune varietà commerciali. Al fine di salvaguardare tale risorsa è stato predisposto un protocollo e stipulato un contratto per la conservazione "in situ" con l'unico agricoltore dalla zona che al momento la coltiva e la utilizzerà per reintrodurre, seguendo le ricette degli anziani del luogo, il "pane di Carlantino" negli antichi forni a paglia della zona.

GRANO DURO CARLANTINO UNA RISORSA DA SALVAGUARDARE

MARGIOTTA B;DE VIRGILIO M;COLAPRICO G;URBANO M
2015

Abstract

L'Economia rustica del Regno di Napoli" del 1835 riporta tra le colture della Daunia presenti nei "poderi arabili", "masserie di campo" caratterizzate da terreni estesissimi e "versurieri" da terreni di piccole dimensioni, il grano duro Carlantino, frumento somigliantissimo alla Saragolla dalla quale differisce per "i grani più sottili e più lucidi". Nei documenti sulla storia dell'alimentazione dell'Alta Murgia (1844-1846) tale coltura è segnalata tra i frumenti con le rese migliori "di consueto somministrati ai panettieri". Nel 1927 l'arciprete Ernesto Josa riporta nel testo da lui redatto su Carlantino che le industrie ed il commercio della zona erano limitati alla esportazione dei grani duri detti "Carlantini" mentre il De Cillis, sempre nello stesso anno citando anche i sinonimi (Duro comune, Abbondanza), ne descrive le caratteristiche agronomiche: autunnale di media precocità, coltivato sia in pianura che collina, poco esigente rispetto alla "abitabilità del terreno", di medio accestimento, resistente all'allettamento, poco alla stretta, di più alle ruggini, di produttività elevata e stazionaria nelle zone di produzione. Il Carlantino da tempo soppiantato dalle varietà moderne nel territorio di origine, i Monti Dauni, è stato recentemente reintrodotto in un area ristretta in prossimità della cittadina, lì dove molto probabilmente tale antica varietà veniva coltivata dal 1800. Considerata l'inesistenza di tale risorsa in zona, il reperimento in questo caso è stato effettuato presso Banche del germoplasma che lo conservavano da tempo. La antica varietà è stata pertanto seminata e poi raccolta da un agricoltore della zona e successivamente conservata presso la banca del germoplasma del CNR-IBBR di Bari dove è stata sottoposta a controllo dello stato fitosanitario (Finetti et al. poster convegno), caratterizzazione morfologica, genetica, qualitativa. I risultati mostrano caratteristiche morfologiche simili ad alcune Saragolle impiegate nella prova, mentre composizione proteica e contenuto in sostanze azotate risultano superiori alle varietà commerciali impiegate come riferimento. E' stato inoltre determinato il contenuto di fitina e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli rilevati in alcune varietà commerciali. Al fine di salvaguardare tale risorsa è stato predisposto un protocollo e stipulato un contratto per la conservazione "in situ" con l'unico agricoltore dalla zona che al momento la coltiva e la utilizzerà per reintrodurre, seguendo le ricette degli anziani del luogo, il "pane di Carlantino" negli antichi forni a paglia della zona.
2015
Istituto di Bioscienze e Biorisorse
cereali
grano duro carlantino
risanamento
caratterizzazione
conservazione in situ
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/309504
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