I viaggiatori che si dirigevano in Puglia lasciandosi alle spalle Napoli e il Vesuvio, superata la difficile salita di Monteforte si trovavano difronte alla splendida valle del Sabato ricca di acqua e di vegetazione. La strada che percorrevano attraverso l'Irpinia era uno spettacolo inatteso per la bellezza e varietà del paesaggio, dai più paragonato alla Svizzera, in un susseguirsi di paesini arroccati sulla cima delle colline, boschi, vigneti. Le deviazioni dalla strada della Puglia erano poche e poche le attrazioni degne di nota (il santuario di Montevergine, l'abbazia del Goleto, la Mefite). La vera attrazione era il paesaggio che lasciava un ricordo vivo di cui prendere nota, e che resta tutt'oggi la vera ricchezza di questa provincia determinando una forte e duratura identità. L'intervento vuole percorrere questa 'terra di mezzo', attraverso le descrizioni dei viaggiatori che l'hanno semplicemente attraversata e dei pochi che l'hanno voluta conoscere e l'hanno profondamente amata, sottolineandone la bellezza. Bellezza che già a partire dagli anni del fascismo si è tradotta in attrattore turistico e che si propone oggi in una doppia veste: da un lato quella dal forte impatto e riscontro dell'eno-gastronomia, dall'altro quella sottilmente intellettuale della 'paesologia', intesa come silenzio, poesia dell'abbandono, difesa dell'identità dei luoghi.
Lungo la Strada delle Puglie attraverso l'Irpinia
Daniela Stroffolino
2017
Abstract
I viaggiatori che si dirigevano in Puglia lasciandosi alle spalle Napoli e il Vesuvio, superata la difficile salita di Monteforte si trovavano difronte alla splendida valle del Sabato ricca di acqua e di vegetazione. La strada che percorrevano attraverso l'Irpinia era uno spettacolo inatteso per la bellezza e varietà del paesaggio, dai più paragonato alla Svizzera, in un susseguirsi di paesini arroccati sulla cima delle colline, boschi, vigneti. Le deviazioni dalla strada della Puglia erano poche e poche le attrazioni degne di nota (il santuario di Montevergine, l'abbazia del Goleto, la Mefite). La vera attrazione era il paesaggio che lasciava un ricordo vivo di cui prendere nota, e che resta tutt'oggi la vera ricchezza di questa provincia determinando una forte e duratura identità. L'intervento vuole percorrere questa 'terra di mezzo', attraverso le descrizioni dei viaggiatori che l'hanno semplicemente attraversata e dei pochi che l'hanno voluta conoscere e l'hanno profondamente amata, sottolineandone la bellezza. Bellezza che già a partire dagli anni del fascismo si è tradotta in attrattore turistico e che si propone oggi in una doppia veste: da un lato quella dal forte impatto e riscontro dell'eno-gastronomia, dall'altro quella sottilmente intellettuale della 'paesologia', intesa come silenzio, poesia dell'abbandono, difesa dell'identità dei luoghi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


