La Commissione Europea richiede che i risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici siano accessibili a tutti1 . L’open science è il mantra di questi ultimi anni, ormai tutti i ricercatori hanno acquisito il principio, almeno teorico, che l’open science sia un bene per la società. All’atto pratico di dover scegliere dove pubblicare però, la maggior parte di loro si trova ad affrontare una scelta etica impossibile: quel che è bene per la società non conviene all’autore, o almeno non in Italia, non al CNR. Alcune interessanti considerazioni su questo tema sono emerse nel corso del progetto Right2Pub - Balancing Publication Rights: la voce della comunità scientifica su “rights retention” e “secondary publishing right” 2 , finanziato dall’iniziativa internazionale Knowledge Rights 21 (KR21)3 . Accanto ad informazioni specificatamente riferite a “rights retention” e “secondary publishing right” 4 , lo studio ha evidenziato anche altre tematiche di contesto. Emerge, ad esempio, che la scelta della sede di pubblicazione dei propri contributi è determinata per lo più in base alle regole che disciplinano il sistema nazionale di valutazione della ricerca, considerate molto o abbastanza rilevanti ai fini di tale scelta. In generale, secondo questo studio, all’interno della comunità scientifica del CNR vi sono una scarsa conoscenza dei temi legati al diritto d’autore ed una scarsa attenzione verso i diritti sulle proprie opere. Se rispetto all’open science il maggiore discrimine resta il prestigio della sede editoriale di riferimento, sino a che punto si è liberi di esercitare i propri diritti come autori? Il contributo presenta alcuni spunti di riflessione a partire dai dati risultanti dalla ricerca condotta.
Open science: bello ma ancora impossibile. Perché le autrici e gli autori del CNR fanno fatica ad applicare l’open science
Cherubini M.;Faro S.;Giannini S.;Lombardi S.;Mangiaracina S.;Marzocchi S.;Mazza D.;Molino A.;Peruginelli G.;
2025
Abstract
La Commissione Europea richiede che i risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici siano accessibili a tutti1 . L’open science è il mantra di questi ultimi anni, ormai tutti i ricercatori hanno acquisito il principio, almeno teorico, che l’open science sia un bene per la società. All’atto pratico di dover scegliere dove pubblicare però, la maggior parte di loro si trova ad affrontare una scelta etica impossibile: quel che è bene per la società non conviene all’autore, o almeno non in Italia, non al CNR. Alcune interessanti considerazioni su questo tema sono emerse nel corso del progetto Right2Pub - Balancing Publication Rights: la voce della comunità scientifica su “rights retention” e “secondary publishing right” 2 , finanziato dall’iniziativa internazionale Knowledge Rights 21 (KR21)3 . Accanto ad informazioni specificatamente riferite a “rights retention” e “secondary publishing right” 4 , lo studio ha evidenziato anche altre tematiche di contesto. Emerge, ad esempio, che la scelta della sede di pubblicazione dei propri contributi è determinata per lo più in base alle regole che disciplinano il sistema nazionale di valutazione della ricerca, considerate molto o abbastanza rilevanti ai fini di tale scelta. In generale, secondo questo studio, all’interno della comunità scientifica del CNR vi sono una scarsa conoscenza dei temi legati al diritto d’autore ed una scarsa attenzione verso i diritti sulle proprie opere. Se rispetto all’open science il maggiore discrimine resta il prestigio della sede editoriale di riferimento, sino a che punto si è liberi di esercitare i propri diritti come autori? Il contributo presenta alcuni spunti di riflessione a partire dai dati risultanti dalla ricerca condotta.| File | Dimensione | Formato | |
|---|---|---|---|
|
110-Cherubini-et-al-1.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Versione Editoriale (PDF)
Licenza:
Creative commons
Dimensione
493.22 kB
Formato
Adobe PDF
|
493.22 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


