L'intervento dell'uomo nella produzione e nel miglioramento quali-quantitativo di specie vegetali di interesse agrario quali il frumento, ha portato ad un restringimento della base genetica con conseguenze difficilmente valutabili nell'immediato futuro. E' per tale motivo che negli ultimi decenni grande enfasi è stata data alla conservazione delle specie a rischio di estinzione, selvatiche e coltivate: per queste ultime solo recentemente è stata stilata la prima "lista rossa". Per il frumento, principale fattore di rischio è rappresentato dalla diffusione delle coltivazioni intensive, che ha portato alla scomparsa di specie, varietà, razze, alcune delle quali poco produttive anche se naturalmente contraddistinte da fattori di resistenza a malattie e patogeni. Preservare la diversità genetica significa prevenirne in alcuni casi il rischio di estinzione e allo stesso tempo per i cereali da granella valorizzare prodotti come pasta, pane e derivati da forno di produzione locale. Ad oggi è comunque difficile quantificare e prevenire la riduzione di diversità genetica per le specie di interesse agro-alimentare. Nell'arco dei millenni è diminuito il rapporto tra numero di centri primari di origine delle specie coltivate, vicini e circoscritti e numero di centri secondari di diversificazione dislocati in aree geograficamente distanti tra loro. I dati recentemente riportati in uno studio di archeo-botanica per alcuni cereali selvatici, dimostrano come più centri di diversificazione localizzati in aree differenti da un punto di vista geografico e climatico, sottoposti a fattori multipli di pressione selettiva (clima, trasporto, sviluppo sociale, ecc...), abbiano dato origine alla domesticazione e quindi all'agricoltura. Lo studio delle antiche varietà di frumento duro, più in generale di tetraploidi selvatici e coltivati può rappresentare la base da cui poter partire per approfondire l'analisi relativa al rischio di estinzione di gruppi vegetali in un territorio. Tale rischio strettamente legato alle condizioni ecologiche (antropiche, biotiche, abiotiche) può essere rilevato mediante il confronto tra il profilo genetico preesistente e quello attuale. La multi-disciplinarietà dell'approccio risulta pertanto fondamentale. E' a tale scopo che nell'ambito di ricerche avviate sul territorio pugliese e lucano in questi ultimi anni e riguardanti la raccolta e lo studio di entità vegetali a rischio, sia di interesse fitogeografico che commerciale, sono stati raccolti campioni di materiale germinativo relativi a diverse specie di graminacee appartenenti ai generi Triticum ed Aegilops. Per ciascun campione raccolto sono stati rilevati tutti i dati disponibili: data e località di raccolta (insieme alle coordinate geografiche rilevate con GPS), caratteri stazionali del sito di raccolta (quota, inclinazione, esposizione, substrato, etc.), tipologia dell'habitat (con elenco delle specie consociate ed eventuale caratterizzazione sintassonomica) ed inoltre uno o più campioni d'erbario, per approfondire eventuali indagini di tipo tassonomico. L'indagine è stata combinata alla caratterizzazione biochimica e molecolare delle proteine della cariosside, effettuata allo scopo di individuare fra i campioni riuniti in popolazioni, mutanti per i loci gliadinici e gluteninici (classi maggiori delle proteine di riserva) da impiegare come misura dell'entità dell'erosione genetica. L'analisi preliminare dei dati raccolti consentirà di avviare un processo di salvaguardia e valorizzazione, dando conseguentemente ampio spazio alle applicazioni di tecniche agricole convenzionali e conservative inserite in sistemi di agricoltura sostenibile. La creazione di tali sistemi integrati con un impatto limitato sull'agro-ecosistema richiederà sempre più l'impiego di risorse genetiche vegetali pienamente adattate al territorio e conformi alle richieste di buona qualità e produttività.

Frumento: diversità genetica, salvaguardia e valorizzazione

B Margiotta;M Urbano;G Colaprico;P Perrino;V Tomaselli
2007

Abstract

L'intervento dell'uomo nella produzione e nel miglioramento quali-quantitativo di specie vegetali di interesse agrario quali il frumento, ha portato ad un restringimento della base genetica con conseguenze difficilmente valutabili nell'immediato futuro. E' per tale motivo che negli ultimi decenni grande enfasi è stata data alla conservazione delle specie a rischio di estinzione, selvatiche e coltivate: per queste ultime solo recentemente è stata stilata la prima "lista rossa". Per il frumento, principale fattore di rischio è rappresentato dalla diffusione delle coltivazioni intensive, che ha portato alla scomparsa di specie, varietà, razze, alcune delle quali poco produttive anche se naturalmente contraddistinte da fattori di resistenza a malattie e patogeni. Preservare la diversità genetica significa prevenirne in alcuni casi il rischio di estinzione e allo stesso tempo per i cereali da granella valorizzare prodotti come pasta, pane e derivati da forno di produzione locale. Ad oggi è comunque difficile quantificare e prevenire la riduzione di diversità genetica per le specie di interesse agro-alimentare. Nell'arco dei millenni è diminuito il rapporto tra numero di centri primari di origine delle specie coltivate, vicini e circoscritti e numero di centri secondari di diversificazione dislocati in aree geograficamente distanti tra loro. I dati recentemente riportati in uno studio di archeo-botanica per alcuni cereali selvatici, dimostrano come più centri di diversificazione localizzati in aree differenti da un punto di vista geografico e climatico, sottoposti a fattori multipli di pressione selettiva (clima, trasporto, sviluppo sociale, ecc...), abbiano dato origine alla domesticazione e quindi all'agricoltura. Lo studio delle antiche varietà di frumento duro, più in generale di tetraploidi selvatici e coltivati può rappresentare la base da cui poter partire per approfondire l'analisi relativa al rischio di estinzione di gruppi vegetali in un territorio. Tale rischio strettamente legato alle condizioni ecologiche (antropiche, biotiche, abiotiche) può essere rilevato mediante il confronto tra il profilo genetico preesistente e quello attuale. La multi-disciplinarietà dell'approccio risulta pertanto fondamentale. E' a tale scopo che nell'ambito di ricerche avviate sul territorio pugliese e lucano in questi ultimi anni e riguardanti la raccolta e lo studio di entità vegetali a rischio, sia di interesse fitogeografico che commerciale, sono stati raccolti campioni di materiale germinativo relativi a diverse specie di graminacee appartenenti ai generi Triticum ed Aegilops. Per ciascun campione raccolto sono stati rilevati tutti i dati disponibili: data e località di raccolta (insieme alle coordinate geografiche rilevate con GPS), caratteri stazionali del sito di raccolta (quota, inclinazione, esposizione, substrato, etc.), tipologia dell'habitat (con elenco delle specie consociate ed eventuale caratterizzazione sintassonomica) ed inoltre uno o più campioni d'erbario, per approfondire eventuali indagini di tipo tassonomico. L'indagine è stata combinata alla caratterizzazione biochimica e molecolare delle proteine della cariosside, effettuata allo scopo di individuare fra i campioni riuniti in popolazioni, mutanti per i loci gliadinici e gluteninici (classi maggiori delle proteine di riserva) da impiegare come misura dell'entità dell'erosione genetica. L'analisi preliminare dei dati raccolti consentirà di avviare un processo di salvaguardia e valorizzazione, dando conseguentemente ampio spazio alle applicazioni di tecniche agricole convenzionali e conservative inserite in sistemi di agricoltura sostenibile. La creazione di tali sistemi integrati con un impatto limitato sull'agro-ecosistema richiederà sempre più l'impiego di risorse genetiche vegetali pienamente adattate al territorio e conformi alle richieste di buona qualità e produttività.
2007
Istituto di Bioscienze e Biorisorse
Triticum
proteine della cariosside
diversità genetica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/64030
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